Le energie rinnovabili sono il futuro della sostenibilità e la possibile risposta alla crisi economica
di Andrea Quaranta
Gli stati generali e i gruppi di lavoro
Nati da un’idea del Ministro dell’ambiente con le principali associazioni di imprese green italiane, gli Stati Generali “hanno l’ambizione di promuovere un nuovo orientamento dell’economia italiana verso una green economy per aprire nuove opportunità di sviluppo durevole e sostenibile ed indicare la via d’uscita dalla crisi economica e climatica […] L’obiettivo è sviluppare una piattaforma programmatica per lo sviluppo di una green economy in Italia attraverso l’analisi dei potenziali positivi, degli ostacoli, nonché delle politiche e delle misure necessarie per migliorare la qualità ecologica dei settori strategici”.
L’iniziativa andrà ad inserirsi nel processo che l’Unione europea intende avviare per dare attuazione agli impegni presi nella Conferenza di Rio +20
Sono previsti otto gruppi di lavoro:
– eco-innovazione;
– materiali e riciclo;
– efficienza energetica;
– energie rinnovabili;
– servizi ambientali;
– mobilità sostenibile;
– filiere agricole;
– finanza e credito.
Ai fini del presente contributo, verranno presi in considerazione quelli relativi allo sviluppo dell’efficienza e del risparmio energetico (gdl n. 3) e a quello delle FER (gdl n. 4): efficienza, risparmio energetico e rinnovabili sono, del resto, il tema (non solo) economico oggetto delle agende politiche e degli studi di molti Stati che – anche a causa delle congiunture economiche, sociali ed ambientali di questo periodo storico – hanno cominciato a capire che la sostenibilità, nelle sue molteplici sfaccettature, rappresenta allo stesso tempo l’unica via d’uscita dalla crisi e il volano per un futuro di sviluppo economico e sociale.
Analisi del quadro normativo internazionale
Efficienza energetica
L’efficienza energetica – che rappresenta il principale strumento per ridurre le emissioni climalteranti, oltre che per aumentare l’indipendenza energetica, per favorire la creazione di imprese e per incrementare l’occupazione – è, ancora oggi, un pilastro troppo spesso sottovalutato nella percezione pubblica, nonostante sia “una delle aree che più facilmente consentono azioni win-win sul lato economico e ambientale e per questo risulta particolarmente efficace in un periodo di crisi”.
L’Unione Europea di recente ha approvato una nuova direttiva sull’efficienza energetica, nella quale – in estrema sintesi – sono previste misure obbligatorie per il risparmio energetico, tra cui la riqualificazione degli edifici pubblici, piani di risparmio energetico per le aziende pubbliche, audit energetici per tutte le imprese di grandi dimensioni.
Misure che contribuiranno non solo al raggiungimento della sicurezza energetica e degli obiettivi climatici, ma anche al rilancio dell’economia e alla creazione di posti di lavoro.
A livello nazionale, “malgrado la formulazione di diversi Piani per l’efficienza energetica non eccessivamente ambiziosi, è finora mancata una strategia complessiva su questo fronte, come è mancata l’elaborazione di una Strategia Energetica Nazionale, documento di visione sul lungo periodo più volte annunciato ma mai reso pubblico”;
Produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili
Analogo discorso può essere fatto in relazione alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, settore che soddisfa circa il 17% della domanda mondiale di energia e nel quale gli investimenti effettuati sono raddoppiati negli ultimi quattro anni.
Le istituzioni comunitarie stanno già da mesi affrontando il tema di cosa dovrà succedere nel settore delle energie rinnovabili negli anni futuri, in una prospettiva che va ben al di là del 2020, anno entro il quale gli Stati membri dovranno raggiungere gli obiettivi ricompresi nel pacchetto “20-20-20” del 2007: l’orizzonte temporale che ci separa da tale scadenza, infatti, è considerato dalla Commissione troppo breve, e occorre cominciare a pensare per tempo alle strategie di sostenibilità future.
Per questi motivi, con la comunicazione “Energie rinnovabili: un ruolo di primo piano nel mercato energetico europeo” dello scorso 6 giugno 2012 sono stati fissati alcuni paletti per tracciare il percorso programmatico dei prossimi lustri.
Dopo il boom degli anni passati, la crisi economica ha reso gli imprenditori più prudenti, e alcuni Stati membri hanno improvvisamente cambiato la politica relativa alle forme e alle modalità di incentivazione delle FER: una scelta avventata, se solo si considera che – come sottolineato dalla Commissione nella sua introduzione – “nei mercati europei liberalizzati dell’energia, la crescita delle energie rinnovabili è determinata dagli investimenti del settore privato che, a loro volta, dipendono dalla stabilità della politica in materia di energie rinnovabili. Anche gli investimenti in infrastrutture, produzione e logistica richiedono investimenti paralleli […] Contemporaneamente a una rigorosa attuazione e all’applicazione della direttiva sull’energia da fonti rinnovabili, è necessario fornire chiari obiettivi politici a lungo termine in modo da garantire che attraggano gli investimenti necessari”.
Si tratta, del resto, di un pensiero già espresso nella “Energy roadmap 2050” dello scorso 15 dicembre 2011 dalla stessa Commissione europea la quale – dopo aver ricordato che la tabella di marcia per l’energia fino al 2050 si basa sul mercato unico dell’energia, sull’attuazione del pacchetto dedicato alle infrastrutture energetiche e sul raggiungimento degli obiettivi climatici per un’economia a basse emissioni di carbonio e che, indipendentemente dallo scenario scelto, la maggior parte dell’approvvigionamento di energia nel 2050 dovrà provenire da fonti energetiche rinnovabili, attraverso la cosiddetta opzione “senza rimpianti” – ha messo in guardia sul fatto che, nonostante il quadro fortemente positivo da oggi al 2020, in assenza di ulteriori interventi la crescita nel settore delle energie rinnovabili, subirà un crollo dopo il 2020 “in quanto si tratta di energie più costose e che comportano più ostacoli rispetto ai combustibili fossili”.
Per tali ragioni occorre “esprimere con chiarezza da subito gli orientamenti politici previsti per il regime successivo al 2020”, al fine di produrre “benefici reali sia per gli investitori che operano nei settori dell’industria e delle infrastrutture sia, direttamente, per gli investitori nel settore delle energie rinnovabili”.
L’irena (International Renewable Energy Agency), consapevole della forza propulsiva delle FER, addebita gran parte delle colpe del ritardo con il quale – in generale, e nonostante i buoni propositi e i meritevoli obiettivi posti a livello internazionale – ci si sta muovendo, a macchia di leopardo, in questa direzione, ai politic(ant)i, che spesso non solo ignorano le novità tecnologiche in materia (che dovrebbero orientare, in generale, le scelte normative), ma non hanno neanche alcuna idea dei costi delle rinnovabili (che dovrebbero determinare funzionali politiche di sostegno).
In ogni caso, nonostante la strategicità di questi due settori, esistono ancora troppe differenze strutturali fra gli Stati (in particolare, fra quelli europei), le cui normative devono armonizzarsi, al fine di evitare squilibri che rischiano di vanificare gli sforzi (per quanto parziali e scoordinati) fin qui compiuti, come ha sottolineato il ceer, il Consiglio dei Regolatori Energetici Europei, nel suo report “Implication of non-harmonised renewable support schemes”.
Nel nostro Paese, in entrambi i settori, manca una strategia complessiva, come è mancata l’elaborazione di una Strategia Energetica Nazionale, documento di visione sul lungo periodo più volte annunciato ma mai reso pubblico.
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